Attacchi di panico: cosa sono e come intervenire con la Terapia Breve Strategica
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Mani che tremano, tachicardia, groppo in gola, nausea, sudorazione, difficoltà nel respirare, confusione, paura di impazzire e perdere il controllo o di morire, paura che i soccorsi non arrivino in tempo e che tutti scoprano quanto si è vulnerabili…
Benvenuti nel mondo del… panico!
Una volta vissuto il primo attacco di panico, cambia tutto!
Da questo primo momento critico in poi, potrebbe cronicizzarsi una vera e propria patologia mentale, poiché quella situazione di forte paura rimarrà talmente impressa nella nostra mente da sviluppare la credenza che, in condizioni simili, quelle sensazioni si possano nuovamente verificare.
La sicurezza durante gli spostamenti diventa solo un lontano ricordo, la spensieratezza nel fare le cose quotidiane e anche banali diventa un miraggio sempre più distante…
Un’ombra sinistra è sempre dietro l’angolo, pronta a tendere un agguato quando meno lo si aspetta.
Spesso ci si sente dire: “è tutto nella tua testa, non è niente! Rilassati e non ci pensare!”, come se fosse facile seguire questo consiglio…
Gli amici e i parenti assistono, ma non capiscono, le pagine dei social dedicati all’argomento sono solo un rifugio per non sentirsi soli, ma in realtà lo si è, perdendo sempre di più la speranza di tornare alla vita di una volta.
ln genere, il tentativo di liberarsi dagli attacchi di panico riguarda, almeno inizialmente, il ricorso a farmaci per ridurre la reazione psicofisiologica dell’ansia.
Questa strategia tuttavia, si trasforma, dopo qualche tempo, in una tentata soluzione che alimenta il problema, poiché abitua la persona a delegare al farmaco la capacità di resistere alle reazioni di panico e incentiva così la sfiducia nelle proprie risorse personali.
Analizzando le reazioni più usuali a una percezione di intensa paura, si osservano alcune modalità di comportamento tipiche per le persone che soffrono di attacchi di panico:
Purtroppo queste tentate soluzioni non solo non permettono di sconfiggere il problema, ma lo rendono anche più persistente.
Infatti, i parametri fisiologici che indicano l’innalzarsi del livello d’ansia sono funzioni spontanee dell’organismo e il tentativo di controllarli razionalmente altera la loro naturale espressione.
Evitare le situazioni temute conferma certamente la loro pericolosità percepita e fa aumentare la sensazione di inadeguatezza del soggetto, il quale finirà per costruire una spirale progressiva di diversioni, fino ad arrivare alla completa inattività.
Addossare agli altri la responsabilità di aiutare, costruendo in questo modo dei legami affettivi morbosi, basati sul bisogno e sulla dipendenza, mantiene e fa crescere la paura.
Se tale modalità relazionale non viene interrotta, condurrà sicuramente la persona alla totale incapacità sia di stare da sola che di affrontare qualunque ostacolo.
La reiterazione nel tempo dei comportamenti di questo tipo incrementa la percezione della paura e rafforza il disturbo.
Se si riesce, al contrario, a interrompere tali interazioni disfunzionali, la paura rientra nei limiti della funzionalità.
Nell’approccio di Terapia Breve Strategica – TBS, già negli anni ‘80 è stata realizzata la prima applicazione di un protocollo terapeutico specifico per gli attacchi di panico con agorafobia, basato su una sequenza strategica di stratagemmi terapeutici per bloccare le tentate soluzioni disfunzionali e portare i soggetti prima a sperimentare l’esperienza emozionale correttiva che cambia la percezione della paura, per poi venire esposti gradualmente alle situazioni temute, riscoprendo le proprie capacità di gestirle.
Il problema da attacchi di panico e le varianti ad esso collegate rappresentano l’area di maggior efficacia terapeutica della Terapia Breve Strategica (95% di casi risolti).
Ma il dato più stupefacente è che i pazienti si liberano dell’invalidante disturbo nel giro di 3-6 mesi con la durata media dei trattamenti di 7 sedute, e che tali risultati, come dimostrano le misurazioni di follow-up (controlli effettuati a distanza di 3, 6 e 12 mesi dopo la fine delle terapie), si mantengono nel tempo in assenza di ricadute e spostamenti del sintomo.
Come scrive Giorgio Nardone nel suo libro “La terapia degli attacchi di panico” (2016): “La vita inesorabilmente pone difficoltà e tranelli sul nostro cammino, e noi stessi siamo decisamente abili a scavarci sotto i piedi le trappole nelle quali poi cadiamo, ma spetta comunque a noi, in prima persona, magari con l’aiuto di uno specialista, venirne fuori e riorientare in positivo anche la direzione più maligna del destino.”
Quando abbiamo una forte preoccupazione, spesso ci viene “naturale” parlarne con altre persone. Raccontiamo il nostro problema a un amico, un parente, un collega o un vicino di casa per sentire il loro parere, per avere un consiglio, per essere capiti, rassicurati, consolati.
Ora anche Internet non si presta più solo come una fonte di informazioni, ci propone anche la possibilità di condividere i nostri stati d’animo e le nostre difficoltà con altre persone, anche sconosciute, e specialmente con quelli che dichiarano di vivere i nostri stessi problemi.
Così facendo, ci aiutiamo per davvero?
Non vi è mai successo, dopo aver parlato della vostra difficoltà, di sentirvi anche peggio di prima?
Non solo di non avere risolto il vostro problema, ma anche arrabbiarvi perché il vostro interlocutore cerca di sdrammatizzarlo o ridicolizzarlo facendovi sentire incompresi e poco rispettati?
Oppure talvolta rimanete con il vostro problema, anche arricchito, alimentato da esempi che le persone vi raccontano: “Sai, a mio cugino è successo anche di peggio!”
Potrebbe esservi d’aiuto solo un vero sfogo, quando riuscite ad esprimere tutto quello che vi si era accumulato sul cuore e vi sentite ascoltati, accolti, non giudicati. Solo in questo caso poi vi sentirete sollevati.
Tra le persone che conoscete, scegliete bene quella con cui sfogarvi: deve essere capace di ascoltare in silenzio! Una saggezza antica ci insegna: “La Madre Natura ci ha dato due orecchie e una sola bocca non a caso, ma per parlare meno e ascoltare di più!”.
Naturalmente, per ottenere i benefici sperati, più che ad un amico sarebbe estremamente opportuno rivolgersi ad un professionista, serio e specializzato, in grado di affrontare e consigliarci il percorso terapeutico più appropriato.
Come afferma Giorgio Nardone all’interno del libro “Non c’è notte che non veda il giorno – La terapia in tempi brevi per gli attacchi di panico” (2003): “La paura, o si supera in prima persona, o non si supera. Nessuno può affrontare la paura che proviamo al posto nostro, nemmeno un farmaco.”.
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