Disgrafia: di cosa si tratta e intervento con la Terapia cranio sacrale
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Il Disturbo Specifico di scrittura si definisce disgrafia o disortografia, a seconda che interessi rispettivamente la grafia o l’ortografia, e rientrano tra i DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento), disturbi che si manifestano nelle modalità di apprendimento, che comprendono, tra gli altri, dislessia, discalculia e disprassia.
Con disgrafia si fa riferimento al controllo degli aspetti grafici, formali, della scrittura manuale, ed è collegata al momento motorio-esecutivo, che viene svolto con minore fluidità e qualità.
La disortografia riguarda invece l’utilizzo, in fase di scrittura, del codice linguistico in quanto tale ed è all’origine di una minore correttezza del testo scritto, che viene fatta risalire ad un deficit di funzionamento delle componenti centrali del processo di scrittura, responsabili della transcodifica del linguaggio orale nel linguaggio scritto.
Entrambe, naturalmente, sono definite in rapporto alle prestazioni attese riferite all’età anagrafica dell’alunno.
Inizialmente la disgrafia fu definita agraphia, termine ideato dal medico austriaco Josef Gerstmann (1940).
Successivamente nel 1998, H. Joseph Horacek, nel suo libro Brainstorms, descrisse l’agrafia non come caratterizzata da una totale incapacità nello scrivere, ma dalla presenza di carenze nell’ambito della scrittura. In questo caso la persona affetta da tale patologia non mostra né un trauma cerebrale, che possa giustificare la problematica manifestata, né una perdita totale dell’uso della scrittura, per cui si trattava di qualcosa di diverso dall’agrafia.
Quindi era necessario effettuare una differenziazione: con agrafia si indica la perdita della scrittura derivante da un infarto o trauma cerebrale, mentre nella disgrafia la scrittura è mantenuta ma presenta delle anomalie e colpisce giovani, adulti e bambini.
Nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali-5 (DSM-5) non è usato il termine disgrafia, ma questo deficit è definito tramite la frase “perdita di espressione scritta”, perché coloro che ne soffrono faticano molto in questo compito, sia a livello motorio sia cognitivo, ed è inserito nella categoria dei disturbi specifici dell’apprendimento.
Per scrivere sono necessarie una serie di complesse capacità motorie, riprodotte in sequenza, e una serie di processi volti alla elaborazione del linguaggio. Nei bambini disgrafici queste abilità non sono adeguatamente integrate. Infatti, risultano essere più lenti e hanno una serie di difficoltà nello scrivere.
Senza aiuto, un bambino con disgrafia farà sicuramente fatica a scuola, con tutte le conseguenze negative che possano verificarsi sia a livello emotivo sia comportamentale.
Esistono sintomi riferibili a questo disturbo e nel tempo sono stati classificati in 6 diverse categorie:
Esistono diverse tipologie di disgrafia, classificate in base ai sintomi emersi, con possibilità di presentarsi singolarmente o in associazione di più versioni:
Come già evidenziato per le altre DSA, la Terapia Craniosacrale può attivamente collaborare nella gestione anche di questo Disturbo Specifico dell’Apprendimento, stimolando il funzionamento di specifiche porzioni cerebrali attraverso la restituzione di mobilità alle corrispettive aree craniche.
Non sempre, come si è soliti pensare, i videogiochi rappresentano per i bambini una forma di passatempo “tossica”.
Un recente studio dell’Università d Padova (Franceschini S., Bertoni S., “Improving action video games abilities increases the phonological decoding speed and phonological short-term memory in children with developmental dyslexia in Neuropsychologia“, 2018) ha infatti dimostrato come questi strumenti possano diventare un efficace strumento per gestire le DSA, elaborando un trattamento sperimentale effettuato per due settimane su alcuni bambini supervisionati da uno specialista esperto in riabilitazione neuropsicologica dello sviluppo.
Ai bambini sono stati proposti due videogiochi commerciali d’azione che richiedevano loro un rapido dispiegamento dell’attenzione visiva. Alla fine del training, i bambini sono stati suddivisi in due gruppi, in base all’andamento dei punteggi nei videogiochi. Dai risultati finali si è constatato che il gruppo con punteggi di gioco più elevati era anche quello che ha ottenuto benefici maggiori nella lettura e nella memoria.
“Questa strategia è efficace solo se i bambini, nel gioco, riescono a utilizzare efficacemente le abilità attentive e percettive che sono impiegate anche nella lettura. Il miglioramento nella velocità di lettura ottenuto dai bambini in grado di progredire nel videogioco corrisponde al miglioramento che otterrebbe un bambino con dislessia in un intero anno di sviluppo spontaneo” aggiunge Sandro Franceschini.