Gli effetti terapeutici della scrittura

“Se scrivo ciò che sento è perché così facendo abbasso la febbre di sentire.” Fernando Pessoa

Dalla penna al digitale: l’evoluzione della comunicazione

Prima che la tecnologia prendesse il sopravvento nel mondo della comunicazione, si scriveva molto di più e soprattutto a mano.
Le persone tenevano diari e si scambiavano lettere, raccontando agli amici e ai parenti cosa succedeva nella loro vita, condividendo pensieri, opinioni e sentimenti.
Con l’arrivo dei nuovi mezzi tecnologici, la comunicazione a distanza è diventata sempre più veloce e immediata: telegrafo, telefono, posta aerea, fax, email, videochiamate e chat…
Purtroppo oggi, sempre meno persone scrivono lettere o tengono diari.

Il diario personale: uno spazio per sé

Il diario personale è un modo per raccontare gli avvenimenti più importanti, giorno dopo giorno. È un testo autobiografico e molto soggettivo, perché al centro ci sono i pensieri, le emozioni, gli stati d’animo e le esperienze di chi lo scrive.
È uno strumento utile per prendersi un momento per sé, ritrovare il contatto con i propri pensieri e le proprie emozioni.

Scrittura e benessere: i benefici dimostrati

Una ricerca condotta dal sociologo texano William James Pennebaker, durata 40 anni, ha dimostrato i numerosi benefici della scrittura autobiografica:

  • può aiutare a prevenire disturbi psicosomatici
  • riduce i sintomi del disturbo post-traumatico da stress
  • rafforza le difese immunitarie
  • migliora il tono dell’umore nel lungo periodo
  • permette di attribuire nuovi significati agli eventi importanti della vita e di ricollocare nel passato momenti ed emozioni dolorose, aiutando a elaborarli e a comprenderli meglio.

Ulteriori ricerche nell’ambito della psicologia clinica e sperimentale hanno confermato l’effetto positivo della scrittura sul benessere psicofisico delle persone.
Per questo motivo, in psicoterapia è abbastanza comune che lo psicologo chieda ai pazienti di scrivere, tra una seduta e l’altra, raccontando i loro pensieri, le emozioni e gli eventi che hanno vissuto.
La scrittura terapeutica, infatti, viene considerata una delle strategie più efficaci per rimettersi in contatto con il proprio sé e per riuscire a dare un senso a quelle emozioni non elaborate che spesso ci condizionano nella vita di tutti i giorni.

Scrivere per guarire: dalla narrazione alla terapia

È stato dimostrato che scrivere aiuta a elaborare i ricordi traumatici.
La scrittura permette di “mettere fuori” ciò che si ha dentro, come se si portasse alla luce qualcosa che prima era nascosto nel cuore.

Il dolore, la sofferenza, come emozione primaria, ha una funzione fondamentale: aiuta a superare le perdite e a guarire le ferite interiori. Non va eliminato cercando di ignorarlo, reprimendolo o sedandolo chimicamente. Al contrario, concedergli uno spazio, uno sfogo, ad esempio attraverso un appuntamento quotidiano con le proprie emozioni durante la scrittura, ne attenua progressivamente l’intensità e favorisce la cicatrizzazione delle ferite emotive. Quando si narra il trauma, si collegano tra loro ricordi sensoriali ed emotivi, e questo aiuta alcune parti del cervello a comunicare meglio.
Ripetere questo esercizio con regolarità aiuta a gestire meglio i ricordi difficili, rendendoli meno pesanti emotivamente.

La scrittura nella Terapia breve strategica

In Terapia Breve Strategica, molte prescrizioni mirate allo sblocco di meccanismi disfunzionali prevedono l’uso della scrittura. La scrittura, infatti, permette di esternalizzare le emozioni e i pensieri, creando uno spazio di riflessione e di contenimento.
Scrivere aiuta a far defluire emozioni intense come rabbia e dolore, specialmente in situazioni di tradimenti, separazioni, delusioni relazionali, professionali o familiari.

Ansia: un esercizio quotidiano di cura di sé

Alcune forme di ansia possono essere efficacemente gestite con la scrittura. 
In particolare, la Terapia breve strategica utilizza quello che viene definito “diario di bordo” nel trattamento degli attacchi di panico. Al paziente viene richiesto di compilare uno schema specifico proprio durante l’attacco: questo atto concreto di scrivere consente di interrompere il controllo disfunzionale sul proprio stato psicofisiologico, favorendo il ritorno dei sintomi ansiosi entro limiti gestibili.

Scrivere rappresenta un’azione concreta, tangibile, che permette al paziente di continuare anche a casa il lavoro terapeutico iniziato in seduta. In questo modo, la terapia risulta più efficace, richiede meno tempo e meno risorse, facilita il cambiamento terapeutico e il raggiungimento di un benessere stabile.

Perle di Salute – Sfogarsi con la scrittura

Se qualcosa ci provoca sofferenza, frustrazione o dolore, prendiamo un foglio di carta e una penna. Cominciamo a descrivere:

  • le situazioni in cui ci capita di sentirci in questo modo
  • le parole e gli atteggiamenti delle persone coinvolte
  • le nostre reazioni
  • i nostri tentativi di affrontare quelle situazioni
  • le nostre emozioni e i nostri pensieri.

Permettiamoci uno sfogo vero, pieno, sincero, senza censura, scrivendo anche le parole dure e irriverenti!
Mentre scriviamo, nessuno può bloccare, criticare, ostacolare il nostro sfogo: questo foglio non verrà consegnato ad altre persone, possiamo sentirci liberi di esprimere i nostri sentimenti.
Una volta completato lo sfogo, anche noi non dobbiamo rileggere la nostra lettera, per evitare di rimuginare sull’argomento.
Portare a termine la scrittura ci farà sentire più liberi, più leggeri. Lo sfogo emotivo potrebbe offrirci una nuova chiarezza sulla situazione vissuta, aiutandoci a trovare un modo più consapevole ed efficace per affrontarla.

L’alimentazione positiva: nutrire la mente e il corpo

alimentazione positiva

L’alimentazione non è solo una questione di nutrienti o calorie, ma un’esperienza quotidiana che incide profondamente sul nostro equilibrio fisico ed emotivo.
Promuovere un approccio consapevole e sostenibile al cibo significa costruire un rapporto più armonioso con ciò che mangiamo, trasformando ogni pasto in un gesto di cura verso noi stessi.
Questo è il cuore dell’alimentazione positiva, un modo di vivere che mette al centro il piacere, la varietà, la salute e la consapevolezza.

Homo dieteticus: la religione dell’alimentazione

Come scrive l’antropologo Marino Niola, autore del libro “Homo Dieteticus”, l’alimentazione è diventata una religione:
«Siamo entrati nell’era di Homo dieteticus. Crudisti, sushisti, vegetariani, vegani, gluten free, no carb: fra etica e dietetica la ricerca del modello alimentare virtuoso è diventata la nuova religione globale. E come tutte le religioni nascenti produce continue contrapposizioni, scismi, eresie, sette, abiure. Ciascun credo si ritiene l’unica via verso la salvezza. E verso l’immortalità. O almeno quel suo succedaneo salutistico che chiamiamo longevità.»

Spesso si ripone in una dieta specifica la speranza di trovare una soluzione semplice a problematiche complesse e radicate nel tempo. Si immagina che cambiare regime alimentare possa essere la chiave per risolvere tutto, come se bastasse seguire un determinato schema per ottenere risultati duraturi e profondi.
In questo processo, si finisce per attribuire a singoli alimenti la responsabilità delle difficoltà nel perdere peso, trasformandoli in “colpevoli” da evitare a ogni costo. Allo stesso tempo, ogni deviazione dal piano prestabilito, il cosiddetto “sgarro”, può generare sensi di colpa che, invece di aiutare, alimentano un rapporto disfunzionale con il cibo, rendendo il percorso ancora più faticoso.

Dalla privazione all’ossessione: il cibo tra etichette e contraddizioni

C’è stato un periodo in cui la parola “dieta” evocava immediatamente privazione e sacrificio: pasta rigorosamente in bianco, pollo ai ferri, verdure crude o al vapore, senza condimenti né spezie. Insomma, una vera e propria punizione.

Oggi questo pensiero si è in parte evoluto, ma si è spostato verso un altro estremo: l’ossessione nel classificare gli alimenti in “buoni” e “cattivi”.
Il problema è che queste etichette cambiano radicalmente da una dieta all’altra, generando confusione e disorientamento. Per i vegetariani, il “male” è la carne; per chi segue la paleo dieta, i “nemici” sono cereali e legumi. E così via, in una continua contrapposizione di verità alimentari.

La dieta mediterranea e la gioia del cibo

Alla base della piramide alimentare che rappresenta la dieta mediterranea sono state inserite immagini insolite e poco comuni negli altri modelli nutrizionali: non solo alimenti, ma momenti di convivialità, gioia nel condividere il cibo, socialità, festa.
Un invito a riscoprire il piacere di mangiare insieme, anche concedendosi, perché no, un bicchiere di vino in buona compagnia. È in questo contesto che si inserisce l’idea di alimentazione positiva, che valorizza il cibo non solo per il suo contenuto nutrizionale, ma per la sua capacità di unire, emozionare e sostenere il benessere complessivo.

Il piacere alimentare: i 5 colori del benessere

Sicuramente il ritorno ad uno stile di vita ed alimentazione positiva che riporti gioia, piacere e sapore nella quotidianità può aiutare a favorire la produzione di quegli ormoni che abbassano lo stress e che fanno stare realmente bene: serotonina, dopamina, endorfine che circolano sono le molecole del buonumore.
Quindi… facciamole circolare!
Come? Rendiamo l’alimentazione nostra alleata per la mente ed il corpo.

Innanzitutto, usiamo i colori: la natura offre fantastici colori presenti in ortaggi e frutti con cui abbellire i piatti e le nostre tavole.
I 5 colori del benessere apportano composti bioattivi estremamente benefici per la salute. Variando ad ogni pasto il colore, si favorisce, senza che venga percepito come un obbligo, il consumo di prodotti di origine vegetale.

Mangiare con equilibrio: energia e benessere

Un maggiore consumo di ortaggi e frutta orienta naturalmente verso le raccomandazioni della dieta mediterranea che, pur non escludendo alcun alimento, privilegia quelli di origine vegetale: verdura, frutta, legumi e cereali.

E che dire dell’energia, fisica e mentale, che deriva da pasti semplici ma completi? Cereali come orzo, farro, riso, frumento, mais, quinoa, grano saraceno, abbinati a proteine leggere provenienti da legumi, pesce, carni bianche, uova o formaggi magri, rappresentano un’ottima base quotidiana.
Mangiare in questo modo non è più un’imposizione, ma diventa un piacere che si traduce in una sensazione concreta di benessere fisico e psicologico.

Intestino, mente e consapevolezza a tavola – il mindful eating

Numerosi studi sull’asse intestino-cervello confermano quanto questi due organi siano strettamente connessi. Quando l’intestino è in buona salute e il suo microbiota è equilibrato, anche il cervello funziona meglio: migliorano l’umore, la concentrazione e le capacità di memorizzazione.

Entrare in un circolo virtuoso incoraggia a mantenere la rotta: il benessere che ne deriva si riflette in modo tangibile sia sul corpo che sulla mente.

Non conta solo cosa mangiamo, ma anche come lo facciamo: anche il modo in cui ci approcciamo al cibo contribuisce in modo decisivo all’equilibrio psico-fisico.
Un valido supporto in questo percorso è la mindful eating, un approccio che aiuta a riconoscere e interpretare i segnali del corpo mentre mangiamo, permettendoci di assaporare il cibo con consapevolezza.
Si tratta di un vero e proprio percorso di conoscenza che parte dalla percezione delle caratteristiche sensoriali del cibo nel momento presente, passa attraverso l’ascolto delle sensazioni corporee e prosegue con la consapevolezza dei segnali che ci spingono a mangiare o a desiderare di farlo.

La mindful eating insegna ad accogliere questi impulsi senza giudicarli, a osservare i pensieri legati al cibo con accettazione e curiosità, anziché con senso di colpa o rigidità.
L’alimentazione, così, smette di essere una punizione e si trasforma in un compagno di viaggio quotidiano: un alleato fidato che nutre e sostiene sia la mente che il corpo.

Perle di Salute – Cibo, mente e stile di vita: verso un equilibrio personale e sostenibile

Il pensiero positivo nei confronti del cibo non indica una dieta rigida ed uguale per tutti, ma un percorso individuale che può essere accompagnato ed aiutato da un bravo nutrizionista.
Insieme allo specialista, è importante trovare quel meccanismo che, da un lato, permetta di mangiare bene e, dall’altro, possa tenere conto delle necessità di ognuno di noi.
Famiglia, lavoro, pasti fuori casa, momenti di convivialità dovrebbero rientrare nel viaggio che porta verso uno stile di vita (quindi non solo cibo, ma attività fisica, divertimento, condivisione…) che sia permanente e radicato, in modo tale che non sia percepito come un “peso”, ma come un “equilibrio mente-corpo”.
Un approccio basato sull’alimentazione positiva consente di vivere il cibo come alleato e non come vincolo, armonizzandolo con la propria realtà quotidiana.