Ipertensione e Medicina Tradizionale Cinese

La pressione sanguigna (o pressione arteriosa) è la forza con cui il nostro cuore “pompa”, spinge, il sangue nelle arterie e nelle vene, la forza del flusso sanguigno contro le pareti interne dei vasi.
La pressione è elevata nelle arterie, mentre si riduce nelle vene e nei capillari.
L’Ipertensione Arteriosa è tra le malattie cardiovascolari più frequenti, rappresentando uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo di affezioni cerebro-cardiovascolari e renali.

Ipertensione arteriosa: i valori

50 anni

Sotto i 50 anni un buon valore per la pressione è intorno agli 80mmHg per la minima (diastolica, quando il cuore si rilascia) e 120 mmHg per la massima (sistolica, quando il cuore si contrae).

80 anni

A 80 anni i valori di riferimento mutano, oscillano fra 140/160 di massima e 70/80 di minima.

La crisi ipertensiva si ha con 180 mmHg di massima e/o 120 mmHg di minima

Possibili conseguenze

Spesso l’ipertensione è asintomatica: una certa stanchezza e mal di testa potrebbero essere dei campanelli d’allarme, così come ronzii nelle orecchie (acufeni, tinniti), alterazioni della vista (puntini luminosi davanti agli occhi), perdite di sangue dal naso (epistassi). Ma molte volte è solo la misurazione della pressione che può fornire dei dati certi.

Se non riconosciuta l’ipertensione può danneggiare:

  • le arterie: aorta, carotidi, arterie renali, arterie delle gambe

ma anche gli organi:

  • i Reni: insufficienza renale
  • il Cuore: insufficienza cardiaca ed infarto
  • il Cervello: ictus cerebrale e demenza

Per tale ragione è bene sapere quali sono le abitudini rischiose e quali potrebbero essere le azioni di prevenzione e lo “stile di vita” che può metterci al riparo da questo “killer silenzioso”.

Se una persona si sta sforzando, sia a livello di apparire o cercare di appartenere, sia a livello fisico, producendo, anche senza accorgersene, uno sforzo costante in qualsivoglia sfera d’influenza (mentale, fisica, psichica, affettiva o emotiva) beh… questa persona sta creando le condizioni ottimali affinché si generi “più pressione”.

Ipertensione e i punti della MTC

Secondo la Medicina Tradizionale Cinese l’ipertensione è un eccesso di yang, di energia maschile, di persone sempre in movimento, iperattivi che, anche nei momenti dedicati all’abbandono, non sanno lasciarsi andare.

LI-11 e ST-36

Un valido alleato, un “punto di esperienza”, che ha mostrato eccellenti rendimenti per ridurre la pressione arteriosa , è l’undicesimo punto del meridiano di Grosso Intestino, il punto Qu Chi, siglato LI-11.

LI-11 si trova sui gomiti (sia a destra che a sinistra), ma bisogna piegare il braccio per trovarlo. Il Punto si trova alla fine della piega del gomito, quando lo stesso è flesso.

Questo punto ben si accompagna al mitico Zu san lì, ST-36, confermando una delle ricette tipiche della digitopressione: i punti dell’alto (braccia/gomito) ben si accompagnano a quelli del basso (gambe/ginocchio).


ST-36 è a quattro dita dal bordo del ginocchio, vicino all’osso della tibia.
Con il ginocchio piegato, tocca la rotula. Ora senti il bordo inferiore della rotula. Appoggia quattro dita. Sei sopra l’osso della tibia. Spostati di lato di un pollice e ci sei!

Anche in questo caso, naturalmente, bisogna trattare il punto sia a destra che a sinistra.
Poiché i sintomi dell’ipertensione sono in alto… è importante massaggiare in basso!

Anche il punto KI-1

Un altro punto facile da localizzare è Yongquan, Fontana zampillante, KI-1 sulla pianta dei piedi, al centro.
Anche il primo punto del meridiano di Rene (KI-1) può aiutare ad abbassare la pressione sanguigna.
Facile da massaggiare, oppure da trattare con una pallina sotto i piedi, conferma un’altra delle regole nei trattamenti energetici: per trattare i problemi dell’alto (mal di testa, vertigini) si massaggia in basso (i piedi).
Tuttavia, se la pressione è talmente alta che inizia a provocare vertigini e sintomi più gravi, l’effetto della digitopressione potrebbe risultare troppo lento e non essere quindi appropriato in una situazione di emergenza.

Dieta: alleati e nemici dell’ipertensione

Nella dieta quotidiana, sono molti gli alleati utili per combattere l’ipertensione:

  • L’aglio crudo, ideale per dilatare i vasi sanguigni
  • Le banane e i pomodori, per bilanciare l’eccesso di sodio
  • Il pesce azzurro o il salmone, per regolarizzare la pressione
  • Il sedano e lo zafferano.

Purtroppo ci sono anche dei nemici:

  • Le carni rosse e/o le parti grasse delle carni
  • Gli insaccati e le carni salate
  • I formaggi stagionati
  • Gli alimenti in salamoia (olive) o sotto sale (capperi)

Attenzione anche alla frutta secca!

O alimenti da tenere sotto controllo:

  • Il vino, non più di un bicchiere a pasto (chiedere comunque al medico!); non più di uno al giorno per le donne o per chi ha più di 65 anni. Solo occasionalmente, se sovrappeso
  • Il caffè e il tè, non più di 2 tazze/ine al giorno, salvo esplicito permesso del medico
  • Il sale da cucina. È buona regola ridurre quello aggiunto alle pietanze ed evitare il consumo di alimenti che naturalmente ne contengono elevate quantità

La liquirizia: un suo abuso può innalzare i valori pressori.

RICORDA!
Più attività fisica, moderata e ripetuta: non solo corsa o bicicletta, ma anche ballare aiuta a tenersi in forma!

ATTENZIONE:
L’ipertensione arteriosa non è una patologia psicosomatica, ma può essere influenzata moltissimo dalla componente emotiva: una persona molto ansiosa può avere variazioni pressorie molto ampie che, in alcuni casi, possono favorire, ma non causare, lo sviluppo di una forma di ipertensione arteriosa.

Perle di salute – La Medicina Tradizionale Cinese in cucina

Il cuore ha bisogno di essere sostenuto, soprattutto d’estate.
I tre mesi dell’estate sono governati dall’energia del fuoco. È qui che ci si fa carico dei processi di crescita e maturazione. Il Qi (energia) di Cuore è abbondante di energia Fuoco, il suo sapore associato è l’amaro.
Secondo il ciclo “Nonno – nipote” (di dominazione nei cinque movimenti), il Fuoco può indebolire il Metallo; l’elemento che sarà più attivo in autunno.
L’energia del Metallo governa il Polmone; il sapore associato al Polmone è il piccante.
Durante la stagione estiva si dovrebbero diminuire i cibi amari e incrementare i cibi piccanti, per nutrire il Polmone.

RICORDA: lo zenzero è un sapore piccante!

Massaggio in gravidanza: benefici, controindicazioni e falsi miti

Affrontare una gravidanza comporta una serie di cambiamenti che il corpo della futura mamma deve sopportare e questo non succede sempre con molta facilità.
Alcune strutture anatomiche sono sottoposte a maggiori stress causati dall’aumento di carico e a modifiche del funzionamento di alcuni apparati, cui conseguono, quasi sempre, fastidi e dolori.
Ovviamente, un fisico con una buona “resistenza” e omeostasi di partenza avrà maggiori possibilità di rispondere a questi stress senza generare disturbi.

Principali cambiamenti del fisico in gravidanza

Articolazioni e legamenti

Articolazioni e legamenti del bacino si allentano e divengono più flessibili con il passare dei mesi. Questa consente di creare spazio all’utero ingrandito e prepara la donna al parto, ma comporta, al contempo, una leggera alterazione posturale.

Ormoni

L’equilibrio ormonale viene modificato:
  • la tiroide, stimolata da un ormone prodotto dalla placenta a divenire più attiva
  • i livelli di estrogeno e progesterone aumentano precocemente in gravidanza
  • le ghiandole surrenali aumentano la produzione di aldosterone e cortisolo, che contribuiscono alla regolazione dei liquidi escreti dai reni e di conseguenza vengono trattenuti più liquidi.

Cuore e sistema vascolare

Anche il cuore viene sovraccaricato: con la crescita del feto, il cuore deve pompare una maggiore quantità di sangue verso l’utero e, man mano che quest’ultimo ingrandisce, disturba il ritorno del sangue dagli arti inferiori e dalla regione pelvica al cuore.
Il reflusso ridotto di sangue provoca edema e aumenta il rischio di comparsa di vene varicose, preme contro la vescica, riducendone le dimensioni e quindi inducendo la donna ad urinare con maggior frequenza.

La difficoltà connesse alla gestione di tutte queste alterazioni potrebbe generare sconforto, ansia, frustrazione e anche disagio verso sé stesse.

Terapie manuali e gravidanza

Le terapie manuali rappresentano un’ottima modalità per migliorare lo stato sia fisico che psicologico della puerpera, influenzando la sua salute a diversi livelli, apportando benefici a tutti gli apparati e garantendo, al contempo, un momento di distensione e relax.Non esiste una specifica tecnica di massaggio per la gravidanza, alcune però possono essere più indicate di altre per specifici disturbi, ad esempio:

  • massaggio classico: utile soprattutto per ridurre gli stati di tensione muscolare eccessiva e il dolore
  • drenaggio linfatico manuale: è possibile assistere in gravidanza ad un aumento del ristagno di liquidi (soprattutto nelle ultime fasi della gravidanza) e in questo caso il DLM si rivela la tecnica elettiva
  • massaggio del tessuto connettivo: permette di contrastare, o comunque alleviare, disturbi localizzati all’area di trattamento, ma anche di esercitare effetti riflessi su organi e tessuti lontani, quindi utile per trattare disturbi di natura molto differente
  • massaggio delle zone riflesse del piede: consente di agire in maniera efficace su tutti gli apparati del corpo, quindi è particolarmente utile per trattare le problematiche di natura ormonale, digestiva, cardiocircolatoria.

Un trattamento che combini sapientemente più tecniche, consente di agire su problematiche di natura differente, sommando efficacia e potendo valutare ogni caso di possibile controindicazione proponendo una soluzione alternativa.

Rischi, controindicazioni e falsi miti

Sottoporsi ad un massaggio in gravidanza non comporta, generalmente, alcun rischio per la futura mamma e bambino; esistono tuttavia delle precauzioni da tenere in considerazione:

  • evitare massaggi prima dei 4 mesi: non è mai stata confermata scientificamente una relazione tra l’aborto spontaneo e i massaggi effettuati nei primi tre mesi di gravidanza. L’interruzione si verifica indipendentemente dal fatto che le donne si sottopongano al trattamento e non esistono documenti che citano esplicitamente i massaggi come possibile causa di interruzione spontanea di gravidanza.
    Ma ci guida sempre il principio di precauzione, quindi evitiamo di trattare la paziente in questo periodo così delicato e in cui la percentuale di aborto spontaneo è maggiore.
  • Considerare la posizione di operatore e paziente cercando un giusto equilibrio tra comfort della paziente (che potrebbe mal sopportare il mantenimento di alcune posizioni) ed ergonomia dell’operatore. L’utilizzo di alcuni supporti di posizionamento, cuscini, potrebbe essere indicato, come anche manualità in aree particolarmente sensibili (ad esempio l’addome). In ogni caso, la disponibilità ad adattarsi alle esigenze della paziente è fondamentale.
  • Accertarsi dello stato della paziente e verificare che la gravidanza proceda in modo fisiologico, senza complicazioni, che non sia, cioè, considerata “a rischio”. In questo caso sarà necessario consultarsi con il suo medico curante.
  • Vanno, come sempre, valutate possibili situazioni di allerta per definire indicato il trattamento che ci proponiamo di eseguire. La possibilità di variare tecnica, anche durante la seduta, potrebbe rivelarsi un’ottima strategia per evitare eventuali e possibili situazioni di controindicazione (meglio, in ogni caso, consultare lo specialista in presenza di disturbi particolari come pressione alta, diabete gestazionale, ipotensione, preeclampsia, edema cardiaco, condizioni di rischio che coinvolgono la placenta).

Benefici del massaggio prenatale

I principali benefici del massaggio prenatale riguardano svariate strutture appartenenti a diversi sistemi e apparati, apportando:

  • miglioramento delle funzioni del sistema immunitario
  • sensazione generale di rilassamento, che favorisce il sonno e aiuta a combattere lo stress
  • diminuzione del dolore e miglioramento delle funzionalità di muscoli e articolazioni sottoposti ad un carico aumentato come schiena, arti inferiori,…
  • stimolazione della circolazione sanguigna
  • riduzione delle problematiche connesse alle alterazioni posturali
  • riduzione del gonfiore localizzato
  • miglioramento delle problematiche digestive e di evacuazione
  • preparazione al parto

Perle di salute – Alleggerire il carico sulla schiena

Con l’aumento di volume della pancia, aumentano anche le tensioni che i muscoli, le articolazioni e la colonna lombare devono sopportare. Per ridurre le tensioni e il dolore percepito, che in qualche caso potrebbe risultare invalidante, è importante distendere la muscolatura paravertebrale.

Un semplice ed efficace esercizio che la futura mamma può eseguire in ogni condizione consiste nell’allungare la colonna vertebrale: da posizione seduta e con gli arti inferiori distesi, possibilmente in appoggio contro una superficie verticale, immaginiamo di avere un filo che dal vertice del cranio ci tira verso l’alto. Eseguito con costanza e per qualche minuto di seguito, riporta elasticità alle fibre muscolari irrigidite dall’ipersollecitazione del periodo.

Per approfondire…
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Mal di schiena e muscolo ileopsoas: cause, sintomi, terapia e stretching

Possiamo definire il muscolo ileopsoas come un attore che di nascosto procura, fra le altre cose, mal alla schiena.
È un attore nascosto poiché svolge molte insospettabili funzioni ed è posizionato profondamente nel corpo, in una zona poco accessibile, dunque poco visibile e palpabile.

Da un punto di vista posturale e funzionale è ubicato in un punto strategico, per tanto una sua disfunzione lo rende frequentemente responsabile o, comunque, molto coinvolto nel provocare dolore.

Sintomi e dolore da ileopsoas

Il dolore causato dal muscolo ileopsoas si estende lungo la colonna vertebrale, dalla regione dorsale inferiore sino alla zona dell’osso sacro.
L’andamento tipico di questo dolore è caratterizzato da una particolare distribuzione che risulta essere verticale e laterale alla colonna lombare.

I sintomi che derivano da un suo disturbo riguardano, inoltre, dolori a carico dell’articolazione sacroiliaca e della parte superiore del gluteo.
Spesso il dolore si può estendere sino alla coscia, sia anteriormente che posteriormente; altre volte può coinvolgere l’inguine, simulando ad esempio un dolore da artrosi dell’articolazione dell’anca, oppure irradiarsi verso gli organi genitali.Questi dolori sono solitamente avvertiti dallo stesso lato del muscolo ileopsoas sofferente.

 

Come è fatto e dove si trova il muscolo ileopsoas

Il muscolo ileopsoas è composto da una parte iliaca, chiamata appunto muscolo iliaco, ed una parte denominata psoas o grande psoas.
Esiste anche un muscolo piccolo psoas, il quale si trova in vicinanza del muscolo ileopsoas stesso e svolge alcune funzioni simili ma è, tuttavia, un altro muscolo.

Il muscolo grande psoas è posizionato davanti alla colonna vertebrale ed è connesso nella sua parte superiore lungo i lati delle vertebre lombari e dei dischi intervertebrali posti fra una vertebra e l’altra.
Il muscolo iliaco riveste la parte interna o ventrale di quella parte del bacino chiamata osso iliaco.

Entrambi i muscoli terminano in un unico tendine che si connette ad una parte del femore denominata piccolo trocantere.

A cosa serve il muscolo ileopsoas

Le azioni principali di questo muscolo consistono:

  • nella flessione della coscia
  • nell’estensione della colonna lombare, ossia aumenta la lordosi
  • ha un ruolo posturale importantissimo nel mantenere la posizione eretta e nel controllare la colonna lombare da seduti
  • ruota e porta in fuori la coscia
  • durante il cammino, il jogging e la corsa, veloce o di fondo, questi muscoli sono attivi nel controllare la postura del tronco a livello lombare.

Caratteristiche dei sintomi dolorosi

I sintomi dolorosi aumentano con attività che richiedono trasporto di pesi e migliorano stando sdraiati; il sollievo maggiore lo si ottiene flettendo l’anca.
Alcuni sintomi possono simulare il dolore da infiammazione dell’appendice.

Il muscolo è anche attraversato da alcuni nervi, pertanto può determinarne la compressione. In particolare può arrecare disturbo al nervo femorale, al nervo femoro-cutaneo ed al nervo genito-femorale.
Inoltre, può disturbare i vasi sanguigni dell’arto inferiore, in particolare la vena iliaca, pertanto può provocare un rallentamento del ritorno venoso con conseguente gonfiore e pesantezza degli arti inferiori per edema.
Proprio a causa di queste connessioni, può causare un aumento del dolore durante il ciclo mestruale (dismenorrea).

Trattamento manuale del muscolo ileopsoas

Le cause che possono provocare disturbi al muscolo ileopsoas sono generalmente delle articolazioni dorso-lombari, lombo-sacrali o sacroiliache rigide o bloccate.
Altre volte ad irritarlo cronicamente potrebbe essere una lunghezza diversa degli arti inferiori, perciò potrebbe essere utile una correzione di tale asimmetria.
Un buon consiglio per evitare in parte questi problemi è evitare di stare seduti immobili per periodi di tempo troppo lunghi, soprattutto se la seduta è molto bassa con le anche che si flettono ad angolo acuto.

Utile è anche normalizzare il respiro poiché spesso non è corretto, altre volte risulta indispensabile regolarizzare l’intestino, poiché un colon irritabile può disturbare il muscolo ileopsoas.
Il muscolo ileopsoas può anche essere massaggiato direttamente nonostante la sua profondità, grazie a raffinate tecniche manuali.
L’allungamento, ovvero lo stretching, del muscolo ileopsoas è fondamentale per la risoluzione dei sintomi, solo successivamente si potrà intraprendere un programma di rinforzo degli ileopsoas e degli addominali.

Perle di salute – Stretching del muscolo ileopsoas

Per mantenere in salute i tuoi muscoli ileopsoas, esegui almeno due volte al giorno questo esercizio per allungarli e tenerli elastici.

La figura A rappresenta la posizione di partenza, la figura B quella di arrivo e dovrà essere mantenuta per circa 30 secondi.

 

Questo esercizio non è indicato per le persone che presentano problemi a carico delle spalle, al collo o alla schiena.

 

Cicatrici che non si scordano… colpa delle aderenze!

Un intervento chirurgico, il parto, un momento di distrazione, una rovinosa caduta in bicicletta… Siamo in molti a portare sul corpo delle cicatrici a causa di un evento passato.
A volte abbiamo completamente dimenticato di possedere questi particolari segni, altre invece, a causa della posizione o di un particolare fastidio, il ricordo affiora spesso.
Ogni cicatrice è un segno indelebile, un ricordo, un momento della nostra storia passata e lì dovrebbe rimanere, nel passato.
Consentitemi di spiegarmi meglio. Come terapisti non è raro scontrarsi con pazienti che hanno un rapporto spiacevole con le loro cicatrici. Questo spesso dipende dal fatto che non sono mai state trattate.

I tempi di riparazione del nostro corpo

La cicatrice è l’esito di una lesione, ovvero il risultato di quello che il nostro corpo ha fatto per ripararsi.
Più il danno è complicato, o di grande portata, più si corre il rischio che la cicatrice causi problemi. I disturbi possono presentarsi subito dopo l’evento o a distanza di anni.

Ogni lesione impiega circa 2 anni per ripararsi completamente. Sebbene già dopo circa 15 giorni possiamo vedere la cute integra e rosa, la riparazione è ancora precaria.
Nei successivi 24 mesi andremo incontro al processo di rimaneggiamento, dove la riparazione si strutturerà sempre più fino a diventare stabile. Durante questo periodo viene determinato il futuro aspetto della cicatrice, ed è quindi essenziale che essa venga trattata adeguatamente in questa fase.

Rischi di una cicatrice trascurata

Per quale motivo è così importante intervenire? Quali sono i rischi che si corrono se non si danno le giuste attenzioni ad una cicatrice?

  • Squilibri circolatori: i vasi nella zona di una lesione vengono interrotti e quindi i liquidi potrebbero accumularsi nella zona creando gonfiore, ma anche accumuli di sostanze di scarto e quindi infiammazione.
  • Alterazioni del neurovegetativo: le terminazioni nervose presenti nella zona possono dare sensazioni alterate, come poca o troppa sensibilità ad uno stimolo esterno. Inoltre, una cicatrice “patologica” porta ad aumentare la produzione di adrenalina, alterando l’equilibrio ormonale, e quindi psico-fisico, della persona.
  • Aderenze: il tessuto di riparazione può creare dei filamenti che vanno ad ancorarsi a strutture vicine, come delle corde che impediscono i movimenti, causando danni:
    – posturali
    – muscolo-fasciali
    – organici-viscerali

La cicatrice in 3 dimensioni

Sebbene siamo portati ad immaginare le cicatrici come qualcosa di superficiale, che interessa la sola cute, dobbiamo ricordare che queste si sviluppano in tre dimensioni. Esiste anche una profondità della cicatrice.
Più una lesione è stata profonda, maggiore è la possibilità che ci siano aderenze cicatriziali e che quindi vengano coinvolte anche altre strutture.

La cicatrice addominale

Le cicatrici dovute a chirurgia addominale sono considerate quelle che maggiormente comportano aderenze (si sviluppano quasi nel 100% dei casi).
Non è raro che un paziente, dopo un intervento di questo genere, lamenti problematiche dell’intestino come meteorismo, stipsi o colon irritabile. A volte sono possibili anche dolori cronici addominali o disordini digestivi.

La cicatrice del Cesario in alcuni casi potrebbe dare disturbi del ciclo mestruale, da dolori, alterazioni del flusso, fino all’endometriosi o anche l’infertilità.

Un danno ai muscoli dell’addome (che si inseriscono a livello dell’osso pubico) potrebbe sfociare in una alterazione posturale, che ha incidenze anche sulla regione lombare o causare una pubalgia.
In altri casi il danno potrebbe manifestarsi a livello della vescica con minzioni frequenti, incontinenza o cistiti.

Trattare le cicatrici è indispensabile

Come abbiamo visto, trascurare una cicatrice può recare notevoli danni.
Per questo motivo diventa necessario, ad esempio dopo un intervento chirurgico, non dedicarsi solo alla riabilitazione della sede dell’intervento, ma anche al trattamento della relativa cicatrice.
A volte alcuni interventi ortopedici non sono considerati riusciti proprio perché la cicatrice, o le sue aderenze, ostacolano l’escursione del movimento.

Utilizzando le tecniche di terapia manuale e lo stretching si agisce per eliminare le aderenze e rendere il più possibile funzionale il tessuto cicatriziale, ridando mobilità ai tessuti ed agli organi, che riacquistano la capacità di svolgere il loro lavoro (quasi) come prima.

In questo modo è possibile realmente portare una differenza sostanziale nella vita del paziente, anche se sono trascorsi due anni dall’evento. Anche le cicatrici meno recenti reagiscono molto bene al trattamento.
Non sottovalutiamo l’importanza di una cicatrice sulla nostra Salute generale.

Qualche consiglio per chi ha una cicatrice

  • Evitare il sole per almeno i prime sei mesi. Le cicatrici non contengono melanina e quindi il rischio di causare danni alla cute (tumori cutanei) è davvero elevato. Proteggiamo sempre le cicatrici con la crema solare adeguata.
  • Evitare lunghi bagni per le prime settimane dopo la lesione.
  • Tenere le ferite idratate durante la fase di guarigione, esistono creme apposite per non far seccare troppo la “crosta” ed evitare che si rimuova prima del tempo. Alcune creme sono efficaci anche contro il prurito.
  • Evitare attività fisica per circa 2 settimane dopo una lesione, si corre il rischio di riaprire la ferita.

Se la cicatrice cambia aspetto nel corso del tempo, in genere in peggio, è necessario chiedere un parere medico. Alcuni tumori cutanei possono presentarsi in questo modo.

Perle di salute – Mobilizzare la cute

Per evitare aderenze e tensioni anomale su una cicatrice è necessario mobilizzare la cute.
In base alle dimensioni, ponete la mano o le dita sulla cicatrice.
Con pressione leggera, cercando di non andare in profondità, muovete la mano lentamente in tutte le direzioni possibili, facendo scivolare la cute sulle strutture sottostanti.
Inizialmente troverete un po’ di resistenza da parte dei tessuti, in seguito invece il movimento sarà più fluido.
Se la cicatrice è particolarmente recente, o dolente, potete fare le manovre utilizzando della stoffa morbida tra la cicatrice e la mano.
Ripetete questo esercizio per qualche minuto, una o due volte al giorno, fino a quando il miglioramento non diventa permanente.

La Sindrome di Atlante o Fibromialgia: il dolore invisibile

Tutti conosciamo il mito del titano Atlante, condannato da Zeus a portare sulle sue spalle il peso della volta celeste. A lui, da sempre, vengono associati il dolore protratto ed il senso di oppressione. Caratteristiche che, insieme al dolore avvertito sulla zona della nuca, fanno parte della Sindrome Fibromialgica definita, anche per questi motivi, proprio “Sindrome di Atlante”, una malattia poco conosciuta, molto diffusa e di difficile diagnosi.

Una corretta diagnosi

La Fibromialgia è una malattia cronica che causa principalmente dolori e rigidità articolari e muscolari. Può essere isolata o associata ad altre malattie reumatiche come l’artrite reumatoide. Gli altri sintomi sono vari e poco specifici: stanchezza, astenia, colon irritabile, difficoltà a dormire e disturbi dell’umore, motivo per cui fino a non molto tempo i medici non si spiegavano i sintomi e diagnosticavano una semplice malattia psicosomatica. Ora, per fortuna, non è più così, anche se resta comunque una malattia “misteriosa”.

Le terapie manuali nel trattamento della Sindrome fibromialgica

Anche in questo caso, come in tanti altri, il compito del terapista è soprattutto quello di intervenire per migliorare la qualità di vita delle persone, compromessa dal manifestarsi di molteplici e fastidiosi effetti che colpiscono sia l’area strutturale che quella biochimica e psicologica.

L’approccio olistico delle terapie manuali diventa parte fondamentale nel piano di trattamento per la fibromialgia ed apprendere nuove strategie costituisce un’opportunità reale di intervento per consentire ai pazienti di trovare maggiori risorse per migliorare considerevolmente la propria quotidianità.

Dolore al ginocchio: affrontare il problema con la terapia manuale

Il dolore al ginocchio è uno di quei disturbi con i quali, prima o poi, quasi tutti devono fare i conti: colpisce adulti, anziani, sportivi o sedentari; neppure i bambini ne sono esenti!

Il dolore può presentarsi dopo un trauma oppure iniziare improvvisamente, senza essere la conseguenza di incidenti oppure, ancora, insinuarsi pian piano fino a ché non diventa troppo fastidioso per essere ignorato. Ed è un problema serio, che si vorrebbe risolvere il prima possibile!

L’articolazione del ginocchio è un’articolazione ingegnosa e complessa; la più grande del corpo umano, la più stressata e la più delicata ed è continuamente al lavoro, anche nei movimenti più semplici: regge il nostro peso quando stiamo in piedi, ci consente di piegarci, alzarci, girarci. Proprio per questi motivi, il ginocchio è l’articolazione più a rischio di rotture o alterazioni della funzionalità.

Il male al ginocchio!

Il male al ginocchio può avere diverse gradazioni di dolore e andare dal fastidio sopportabile fino all’impossibilità di appoggiare il piede a terra.
I disturbi variano a seconda dell’età del paziente che ne soffre e dipendono molto dallo stile di vita. Ad esempio uno sportivo, andrà incontro a patologie legate all’usura e all’abuso delle articolazioni.
Anche i sedentari non sono esenti da problematiche perché la miglior “terapia” è tenere le articolazioni in movimento.

Il dolore può dipendere, inoltre, da problemi a una delle numerose strutture all’interno del ginocchio, dai menischi ai legamenti, dalle rotule alle cartilagini.

Capire che cosa non va e affrontare il problema

Saper valutare e fare la messa a punto dell’articolazione del ginocchio risulta essere un’irrinunciabile opportunità terapeutica.
Esaminare funzionalmente il ginocchio ed elaborare un corretto approccio terapeutico in relazione alle più comuni problematiche che interessano questo distretto risulta fondamentale per poter affrontare questa disfunzione.
La terapia manuale a livello del ginocchio,  che  comprende tecniche di mobilizzazione dirette e dolci, è in grado di modulare il dolore attraverso i suoi effetti neurofisiologici,  migliorare l’estensibilità dei tessuti e il movimento fisiologico.


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Il dolore al ginocchio nel paziente sportivo e nel paziente sedentario

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La Spina Calcaneare: prevenire e trattare la regina del dolore al piede

Un sassolino nella scarpa… questa immagine potrebbe essere la rappresentazione della persona che soffre per la presenza di una spina calcaneare a livello del calcagno.
Le persone che hanno un dolore al piede sono moltissime ed in costante aumento: il disturbo affligge sia gli sportivi che le persone più sedentarie.
Forse non tutti sanno che potrebbe trattarsi della spina calcaneare, o sperone calcaneare, disturbo più comune di quanto si pensi.

La fascite plantare, e la sua evoluzione la spina calcaneare, sono la causa più frequente di dolore al di sotto del calcagno: l’infiammazione può colpire l’inserzione della  fascia plantare e/o la tuberosità calcaneare. Oppure può interessare altre strutture come il nervo calcaneare mediale e/o il nervo misto per l’abduttore dell’alluce.

La spina calcaneare è la conseguenza di alterazioni posturali globali causate da:

  • scarpe sbagliate e inadatte
  • stile di vita troppo sedentario o, al contrario, eccessiva attività fisica
  • sovrappeso, obesità

che per anni hanno sovraccaricato il piede.
Il risultato è la formazione di uno sperone osseo, molto doloroso, nella regione inferiore al calcagno.

Primi sintomi

I primi sintomi della spina calcaneare sono un dolore acuto nella zona del tallone ed una deambulazione faticosa, soprattutto al mattino, al momento del risveglio, “a freddo”, e verso la fine della giornata.
Il dolore aumenta alla palpazione della fascia plantare “sotto stress” (flettendo ed estendendo le dita e la caviglia). Ciò nonostante, il 20% circa dei portatori di spina calcaneare convive con questo problema, senza neppure rendersene conto.

Cause, prevenzione e trattamento della spina calcaneare

Le cause principali che conducono alla spina calcaneare ed alla fascite plantare sono i disequilibri articolari ed i microtraumi ripetuti, condizioni spesso concomitanti.
Altre concause possono essere un piede rigido soprattutto se cavo, retrazione del soleo e/o dei gastrocnemi, disequilibri e retrazioni principalmente a carico dei muscoli plantari.

Il trattamento della spina calcaneare dipende dalla presenza o meno della sintomatologia e può prevedere una terapia conservativa (o non-chirurgica) oppure una terapia chirurgica (poco frequente).

Rilevare e trattare le prime modifiche dell’atteggiamento del piede con le sue conseguenze è un’irrinunciabile opportunità terapeutica: ripristinare l’equilibrio del piede.
Il trattamento manuale aiuterà a ridurre la risposta infiammatoria e diminuire la probabilità di sviluppare gli speroni ossei. Inoltre, l’impostazione di un iter terapeutico mirato consente un buon controllo dei sintomi nel 90% dei casi, senza ricorrere alla soluzione chirurgica.

La medicina tradizionale ritiene indispensabile l’intervento chirurgico quando la terapia conservativa non ha avuto alcun successo e quando i sintomi si protraggono incessantemente, di norma, per 9-12 mesi.

Kinesio Taping: cerotto e terapia

Il kinesio tape è una realtà ormai diffusa … dalle Olimpiadi, ai calciatori professionisti, ai ballerini, ai nostri pazienti!
Saperlo utilizzare ed applicare in maniera corretta è una strategia terapeutica assolutamente utile per trattare, prevenire o contenere i dolori e i disturbi muscolo-scheletrici.

A cosa serve il kinesio tape?

Il kinesio tape è un nastro, un cerotto adesivo elastico, privo di farmaci, che si applica sulla cute del paziente, in corrispondenza di un muscolo, tendine o legamento sede della disfunzione.

Attraverso una modulazione della tensione con cui si applica e la sua direzione, si possono indurre diverse risposte rispetto ai tessuti del paziente: rilasciamento muscolare su muscoli contratti, facilitazione muscolare sui muscoli flaccidi, diminuzione veloce del dolore locale muscolare e fasciale, drenaggio linfatico e riassorbimento veloce ematomi.

Perché si usa il kinesio tape?

Il kinesiotaping viene utilizzato come completamento delle terapie classiche, per rinforzare e prolungare gli effetti del trattamento tradizionale e, talvolta, anche come unica arma terapeutica in fase acuta, sicura ed efficace

Dolore alla mano e Sindrome del Tunnel Carpale

Se l’evoluzione ha permesso all’uomo di alzarsi in piedi e liberare le mani, così dar poter costruire attrezzi, scrivere, accarezzare e modellare il mondo secondo le proprie necessità, la vita contemporanea costringe le mani a compiere azioni innaturali, ad avere posture e posizioni sbagliate.
Così le nostre mani si ammalano, si addormentano di giorno e ci tengono svegli la notte con formicolii e dolori: questi possono essere i segnali di una Sindrome del Tunnel Carpale (STC), che altro non è che una compressione, più o meno reversibile, a carico di un nervo: il nervo Mediano.

A seconda del grado di compressione, si distingue una sintomatologia iniziale caratterizzata da parestesie (formicolii, dolori simili a punture di spilli o aghi), a carico del palmo della mano. Quando i sintomi peggiorano, è possibile che il dolore si irradi anche all’avambraccio e si abbia una perdita di sensibilità alle dita e di forza della mano.

La Sindrome del Tunnel Carpale può colpire chiunque, ma è più frequente nei pazienti in età medio avanzata e nelle donne, verosimilmente riconducibile a cause ormonali.
Tuttavia, l’uso diffuso dei computer in ambito lavorativo, che ha permesso da una parte la velocizzazione della battitura con conseguente sovrautilizzo degli arti superiori, delle dita e all’assunzione di posizioni incongrue, ha purtroppo contribuito ad incrementare lo sviluppo delle Sindromi da intrappolamento, come la STC appunto.

Riequilibrare le tensioni a carico dell’arto superiore, ed in particolare del polso, diventa quindi una necessità nella prevenzione di questo disturbo, sempre più diffuso tra i nostri pazienti!

Il massaggio sportivo: cos'è, quando e perché utilizzarlo

il massaggio sportivo pre-gara post-gara

I microtraumi dello sportivo

L’apparato muscolo-scheletrico di un atleta può essere colpito, con una certa frequenza, da disturbi, sia acuti che cronici. Questi ultimi agiscono con un meccanismo cumulativo, interessando di volta in volta le strutture ossee, quelle articolari e periarticolari (muscoli, tendini, legamenti…) su cui generano traumi di piccola entità. Questi microtraumi, se sommati, possono comunque generare squilibri e patologie importanti che possono compromettere anche seriamente l’attività sportiva.

L’origine di questa tipologia di lesioni è legata alla ripetizione di alcuni gesti tipici del dato sport (microtraumi ripetuti) che espone gli atleti ad un rischio traumatico e ad usura notevole.

In questo senso l’atleta risulta essere un soggetto particolarmente bisognoso di costanti e specifiche attenzioni volte a manutenere al meglio le proprie risorse fisiche e la terapia manuale risulta un efficacissimo alleato nel perseguire questo obiettivo, soprattutto nella combinazione degli effetti specifici di diverse tecniche.

Il massaggio sportivo

In particolare, il massaggio sportivo è una tecnica del massaggio classico mirata a migliorare ed efficientare l’attività sportiva.

Per questo motivo, la terapia “segue” il paziente sportivo nella sua attività:

  • tra le sessioni di allenamento
  • prima e dopo la gara
  • nell’eventuale fase riabilitativa post trauma

I benefici del massaggio sportivo sono molteplici:

  • riduzione dell’affaticamento muscolare
  • eliminazione delle scorie metaboliche
  • ripristino dell’elasticità tissutale
  • prevenzione dei traumi e dei postumi da affaticamento
  • ripristino della corretta funzionalità dell’apparato muscolo-scheletrico
  • ripristino dell’omeostasi corporea
  • gestione delle lesioni indirette
  • accelerazione dei tempi di recupero

Il massaggio pre-gara

Il massaggio pre-gara ha l’obiettivo di preparare i muscoli all’intensa attività cui saranno sottoposti durante la prestazione sportiva, riscaldandoli e rendendoli così più facilmente eccitabili.
Questa pratica non sostituisce il riscaldamento, bensì si affianca ad esso con l’obiettivo di massimizzare l’effetto preparatorio sui muscoli.

Il massaggio di scarico

Il massaggio sportivo cosiddetto “di scarico” è da praticarsi nelle situazioni di grande affaticamento, quando i muscoli vengono resi particolarmente tonici da allenamenti molto intensi.
Si interviene in questo caso sugli strati più profondi della muscolatura, al fine di eliminare fibrosità, drenare i tessuti e riattivare adeguatamente la circolazione periferica.

Il massaggio post gara

Il massaggio post gara si effettua subito dopo una competizione sportiva per aiutare l’atleta ad accelerare il recupero muscolare, eliminando sostanze di scarto dei processi metabolici che risultano irritanti per i tessuti.

Le manovre, in questo caso, sono molto lente ma non troppo profonde, volte a favorire il rilassamento e la sedazione muscolare e generale (in alcuni casi potrebbe essere preferibile eseguire un trattamento di Drenaggio Linfatico Manuale).

L’intervento in maggior profondità viene rimandato almeno al giorno seguente (fino a 48 ore dopo), per agevolare il recupero, accelerare lo smaltimento della fatica ed evitare la comparsa dei DOMS (acronimo di Delayed Onset Muscle Soreness, ovvero l’indolenzimento muscolare a insorgenza ritardata).

In caso di crampi muscolari e affaticamento

Nel caso in cui l’atleta sia stato colpito da crampi o sia molto affaticato, il massaggio deve essere leggero e di breve durata per poi passare a tecniche più profonde sulle fibre muscolari.

In questo caso, l’azione del massaggio ha lo scopo di:

  • ridurre il senso di stanchezza e di pesantezza fisica
  • rilassare e decontrarre i vari gruppi muscolari
  • favorire il drenaggio venoso e linfatico
  • favorire di conseguenza il riassorbimento i cataboliti prodotti dallo sforzo
  • migliorare l’apporto di sangue arterioso e la conseguente ossigenazione dei tessuti
  • creare indirettamente un piacevole effetto di rilascio endorfinico ed un rilassamento psico-fisico dell’atleta

Al termine del trattamento è utile che l’atleta resti ben riscaldato e coperto.

Molto utile al recupero risultano anche essere appropriati esercizi muscolari di allungamento attivo e di mobilizzazione articolare attiva/assistita, con l’assunzione di posture adeguate a massimizzare lo stiramento muscolare, senza ulteriori “microtraumi”.

L’utilizzo di oli e creme rinfrescanti è un ulteriore aiuto al recupero dell’atleta.

A distanza di 24-48 ore è possibile effettuare una nuova seduta, con manovre profonde e con esercizi e mobilizzazioni attive/assistite.
Questa tipologia di massaggio consente all’atleta un recupero più veloce ed una più rapida ripresa dei suoi allenamenti.

Terapia dell’acqua per un recupero più veloce

Per un recupero migliore e in tempi più brevi, è possibile utilizzare, e consigliare all’atleta, sedute di idroterapia a temperatura corporea, sauna o bagno turco.
Molto efficace risulta anche essere un leggero allenamento defaticante in piscina o a corpo libero, in forma leggera.

Perle di salute – Idroterapia a contrasto

Per ridurre i livelli di affaticamento e il rischio di lesioni che l’allenamento sportivo comporta, le sessioni di recupero dovrebbero essere accompagnate da adeguate terapie fisiche e manuali che mettano lo sportivo in grado di ridurre dolore e processi di infiammazione generati dall’allenamento.
A questo scopo potrebbe essere utile riferirsi alle indicazioni dell’idrobalneoterapia che prevede tecniche facilmente adottabili anche al proprio domicilio: per gli sportivi potrebbe risultare particolarmente utile l’idroterapia a contrasto, ovvero immersioni in acqua calda (38°C ca) seguite da immersioni in acqua fredda (15°C ca).

L’alterazione delle temperature, che genera vasodilatazione e poi vasocostrizione, aumenta la circolazione sanguigna e linfatica, migliorando il funzionamento del sistema circolatorio e riducendo i processi infiammatori.

Alcune ricerche hanno dimostrato come questa terapia abbia risultati superiori al recupero passivo o al riposo dopo l’allenamento.